MARCO PATUCCHI Il calcio al tempo della guerra, quel derby giocato per le vittime delle Fosse Ardeatine

la Repubblica, 5 luglio 2024

Il 29 giugno del 1944, nella Capitale da poco liberata, si gioca un Lazio-Roma del tutto particolare. È il ritorno alla normalità, e l’incasso viene devoluto alle famiglie delle vittime dell’eccidio nazista. Ma alcuni dei protagonisti di quel match erano scampati proprio alla rappresaglia delle SS

Il tram era il numero uno, partiva da Piazza del Popolo e, dopo aver sferragliato per un tratto della via Flaminia, si fermava all’altezza dello Stadio del Partito Nazionale Fascista. Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, un giovedì, scesero dal tram tre ragazzi poco più che ventenni diretti al campo di calcio della Rondinella dove li attendevano gli allenamenti della Lazio. Il campo della Rondinella era la «casa» della Lazio e si trovava appena dietro la curva dello Stadio del partito Nazionale Fascista: era stato costruito nel 1914 succedendo al Parco dei Daini e alla Piazza d’Armi che dal 1900, anno di fondazione del sodalizio, erano stati i terreni di gioco dei biancocelesti. Durante la Grande Guerra venne convertito in orto di guerra per sfamare parte della città, un gesto che farà guadagnare alla Lazio il titolo di ente morale, a tutt’oggi un unicum nella storia del calcio italiano. Lo Stadio del Partito, invece, era stato edificato su progetto del grande architetto Marcello Piacentini nel 1911 e, prima del Ventennio mussoliniano, si chiamava Stadio Nazionale.

Ma torniamo a quel 23 marzo del 1944: una volta scesi dal tram, i tre ragazzi vengono fermati da un drappello di SS e camice nere che gli chiedono di esibire i documenti. Uno mostra un lasciapassare firmato dal feldmaresciallo Albert Konrad Kesselring: si chiama Aldo De Pierro detto “Zeppo”, 21 anni romano, ed è un terzino della Lazio; un altro mostra la tessera della squadra biancoceleste: c’è scritto Amedeo Rega e lui, che ha 24 anni ed è romano, è il portiere; il terzo non ha documenti da mostrare, ma si chiama Edoardo Valenti detto “Er Zagaja” per la sua balbuzie, o anche “Pandoro” per la correttezza in campo, è romano di Testaccio (in un derby nel campo della Roma che era in quel rione, sugli spalti la madre di Edoardo picchiò il tifoso avversario che lo insultava), ha 22 anni e fa pure lui il terzino. Sono minuti di grande tensione: i militari decidono di portare il ragazzo senza documenti in caserma per gli accertamenti, De Pierro e Rega protestano, dicono che seguiranno anche loro il compagno di squadra. La situazione sta precipitando, i tre ragazzi non sanno che in ballo c’è la loro vita perché proprio quel giorno, a via Rasella, c’è stato un attentato: i partigiani facendo esplodere un ordigno hanno ucciso 33 soldati nazisti che tornavano marciando in caserma. Finire in un rastrellamento in quelle ore, dunque, potrebbe essere fatale. Oltretutto il padre di De Pierro, barbiere a via Clitunno dalle parti di Villa Ada, nascondeva in casa due soldati inglesi fuggiti dal campo di prigionia.

Nel frattempo da un altro tram scendono alcuni dirigenti della Lazio, diretti anche loro al campo di allenamento, e dopo una lunga trattativa con SS e fascisti riescono a sbloccare la situazione: De Pierro, Rega, Valenti sono liberi e, come vedremo, due di loro avranno modo di ripagare l’esito felice della loro sliding door. I calciatori della Lazio si allenavano anche in quel tremendo inverno dell’occupazione nazista di Roma e con la guerra che ancora si combatteva in mezza Europa. Il campionato nazionale era sospeso, ma nella Capitale si svolgeva un torneo tra dieci squadre della città, chiamato appunto «Campionato romano di guerra». Un football che spunta anche tra le righe del capolavoro di Elsa Morante La storia:

Tutte le strade intorno a Roma rumoreggiavano di carriaggi e di stormi aerei. Dalla parte dei Castelli, non si vedeva altro che un enorme fumo. La sera del 3 giugno, Tommaso, che si appassionava alle partite di calcio, e favoriva la squadra della Lazio, rincasò più avvilito che mai: la Tirrenia aveva eliminato la Lazio. E così, questa era esclusa dalla finale, favorendo la rivale odiata, la Roma.

La partita persa dalla Lazio poche ore prima dell’ingresso degli Alleati in città e evocata da Morante è, in realtà, la semifinale del quadrangolare amichevole organizzato al termine del Campionato di guerra e giocato da Lazio, Roma (che se lo aggiudica), Tirrenia e Mater. Il Campionato vero e proprio l’aveva vinto la Lazio con un punto di vantaggio sulla Roma. Decisivo lo 0-0 nel derby con i giallorossi del 7 maggio, oltre alla vittoria sui Vigili del Fuoco del 26 marzo, la partita successiva al fermo in strada di De Pierro, Rega e Valenti.

È sempre nel giugno del 1944, esattamente il 29, che i destini di due dei tre protagonisti di questa storia torna a incrociarsi con l’attentato di via Rasella e, soprattutto, con la conseguente, terrificante rappresaglia nazifascista delle Fosse Ardeatine. Rega e Valenti scendono infatti in campo nel derby amichevole che si gioca in quello che è tornato a chiamarsi Stadio Nazionale (nel 1949 diventerà Stadio Grande Torino in onore della formidabile squadra distrutta dall’incidente aereo di Superga) : la Lazio vince 3-2, dopo una doppia rimonta sulla Roma che aveva segnato con Andreoli (pareggio di Manfrè) e Amadei (pareggio di Longhi) prima del gol vittoria dell’austriaco Koenig. Lo Stadio Nazionale è gremito per un incasso di 100mila lire che viene devoluto alle famiglie delle vittime delle Fosse Ardeatine. Un’altra, meravigliosa sliding door della storia.

 

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