MARINA BOSCAINO Quella di Valditara è una scuola fuori dalla realtà

«MicroMega», 22 gennaio 2025

Bibbia, latino, identità nazionale e occidentale. Insomma: un Dio, Patria e Famiglia in salsa disciplinar-contenutistica. La sola lettura dei titoli del 15 gennaio – che annunciavano l’elaborazione di Nuove indicazioni nazionali per la scuola primaria e secondaria di I grado e l’imminente redazione per la scuola secondaria di II grado, provoca una certa perplessità. Fanno parte della commissione che ha redatto le Indicazioni, tra gli altri, lo storico ed editorialista del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, Andrea Balbo, latinista, il presidente emerito dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini e il violinista Uto Ughi. L’ultimo aggiornamento dei programmi scolastici era stato compiuto nel 2012 dall’allora ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, durante il governo Monti. La commissione dovrebbe completare i lavori entro la fine di marzo e le novità saranno introdotte nelle classi con l’anno scolastico 2026-2027, in attesa delle Indicazioni per l’istruzione di secondaria di II grado.

Quella di Valditara  è una proposta con cui  “abbiamo disegnato il cammino di bambini ed adolescenti dai 3 ai 14 anni, insomma il percorso dall’infanzia alle medie. Ma stiamo lavorando anche per le superiori. E introduciamo molte innovazioni. (…) Verrà reintrodotta la possibilità di inserire il latino nel curricolo a partire dalla seconda media, verrà abolita la geostoria nelle superiori e ridata centralità alla narrazione di quel che è accaduto nella nostra penisola dai tempi antichi fino ad oggi. E poi, fra le tante novità, sin dalla prima elementare avvicineremo i bambini alla musica, alla sua comprensione, alla civiltà musicale”.

Senza entrare eccessivamente nel merito delle proposte, alcune delle quali potrebbero persino essere accettabili, se non fossero ammantate dello stesso furor ideologico che ha segnato la redazione, in settembre, delle nuove Linee guida per l’educazione civica (caratterizzate dalla centralità assoluta del concetto di Patria e da alcune altre gravissime forzature politico-culturali, tanto da essere bocciate senza appello dal Cspi (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione), provo ad elencare quelli che a mio avviso sono punti critici del progetto.

La distanza siderale con la scuola odierna. Oggi in molti istituti (persino licei classici) ci si interroga su quali potranno essere le modalità per riconsegnare la traduzione delle lingue antiche alla propria dignità, così come per restituire a qualsiasi forma scritta la serietà e la centralità che merita. Il problema è l’Intelligenza artificiale; ChatGPT consente di fornire risposte inappuntabili sia nell’uno che nell’altro caso. Il corpo a corpo con studenti e studentesse per sottrarre loro i dispositivi occultati oltre a quello ufficialmente consegnato prima della prova non rientra propriamente nel mansionario di professionisti/e pagati/e peraltro miseramente. Ed è così che molti di noi riflettono sul senso della prova scritta, correggere la quale il più delle volte rappresenta un esercizio di lettura di un elaborato o di una traduzione prodotti artificialmente. In questo contesto ricade la proposta del ritorno del latino alle scuole medie, dove già sarebbe miracoloso acquisire capacità di comprensione del testo, la conoscenza delle strutture morfo sintattiche della lingua, la possibilità di elaborare autonomamente un testo semplice; tutte prestazioni attualmente deficitarie, sulla base dei dati che abbiamo a disposizione.

“Sarà dato più spazio alla letteratura, anche dell’infanzia, e alla grammatica. L’insegnamento della letteratura sin dalla prima elementare, in modalità adeguata alla giovane età degli studenti, deve far sì che gli allievi prendano gusto alla lettura e imparino a scrivere bene. Si è scelto di rafforzare l’abilità di scrittura che è quella più in crisi delle abilità linguistiche. Occorre che gli studenti leggano, scrivano, imparino ad apprezzare testi scritti da altri, in epoche e luoghi anche remoti. Sì partirà con prose e poesie”. Come sopra: ha idea il ministro qual è l’età cui bambini e bambine ricevono un dispositivo elettronico? Gli è mai capitato di vedere, nei ristoranti, bimbi/e ipnotizzati dal dispositivo azionato e consegnato loro in mano direttamente dai genitori, per poter mangiare in pace? Viviamo un’emergenza culturale che si riverbera direttamente anche sugli stili cognitivi degli individui in crescita. La declaratoria delle buone intenzioni deve fare i conti con la realtà. L’impostazione deduttiva – che non è quella consigliabile nei primi cicli di scuola – penalizza ulteriormente le possibilità di rimediare all’ineluttabile declino della scuola.

L’enfasi sul primato della civiltà occidentale è esattamente quello che non conviene ad un Paese che sta attraversando la sua più tragica crisi demografica e che si deve preparare, quindi – obtorto collo, secondo alcuni punti di vista – alla istituzionalizzazione di una reale e funzionante società multietnica. Che la Bibbia rappresenti un testo irrinunciabile e imprescindibile non c’è dubbio; ma affermare un criterio manicheo in una logica binaria rappresenta un atto di miopia estremo, teso quasi provocatoriamente a rafforzare le potenzialità di conflitto socio-culturale, in linea con tante altre affermazioni arbitrarie e autocratiche come quelle contenute – in altro contesto – dal “pacchetto sicurezza”; oltre che all’incoerenza totale con i principi dell’autonomia competitiva tanto sostenuta dal Mim, come si è detto. All’idea securitaria che tende a relegare il povero, il dissenziente, il migrante (bersagli principali del provvedimento attualmente in discussione al Senato), si associa l’affermazione stentorea del primato della Patria e dell’Occidente nelle Indicazioni, la visione di un etnocentrismo aggressivo e acritico. Poche speranze per un mondo migliore, dove vigano democrazia, uguaglianza sostanziale e universalismo e non polarizzazione e presunzione di superiorità.

Infine, l’assenza totale di qualsiasi cenno alla cultura scientifica. Soffermarsi su questo aspetto ritengo sia pleonastico, oltre che – come rilevato in precedenza – completamente fuori da ogni considerazione concreta della realtà.

Il ministro Valditara, che da due anni, dopo aver ideato e predisposto il cambiamento di denominazione, si trova a capo del Mim (Ministero dell’Istruzione e del Merito, sic!), non ha mai fatto mistero della sua aperta simpatia nei confronti della richiesta delle regioni a statuto ordinario di accedere alla potestà legislativa esclusiva su 23 materie, tra cui le “norme generali dell’istruzione”; si tratta della cosiddetta Autonomia differenziata, contro la quale  il 20 gennaio la Corte Costituzionale ha purtroppo decretato l’inammissibilità del referendum. Ma che la stessa Corte, con la sentenza 192/2024, ha completamente riscritto lo scorso dicembre, escludendo le “norme generali dell’istruzione” dalle materie disponibili; addirittura, escludendo che possano esserci materie integrali a disposizione dell’egoismo proprietario delle regioni: saranno ammesse richieste che individuino solo poche e giustificatissime competenze.

Lo stop della Corte e il grande traguardo – al di là del pronunciamento contrario al referendum – delle circa 1.300.000 firme raccolte durante l’estate per cancellare la legge Calderoli 86/24 devono aver spento l’aggressività autonomista (differenziata) del ministro che, immediatamente dopo il suo insediamento, aveva rilasciato decine di dichiarazioni a favore dell’autonomia “competitiva”. Due tra tutte: il 26 gennaio 2023 il ministro dichiarava che la scuola pubblica “ha bisogno di nuove forme di finanziamento, anche per coprire gli stipendi dei professori che potrebbero subire una differenziazione regionale. E per trovarle, si potrebbe aprire ai finanziamenti privati”, rivelandosi da quel momento uno dei massimi cantori di un ritorno alle “gabbie salariali”. Nel Question time del 22 marzo dello stesso anno, Valditara affermava: “Va precisato che la materia istruzione rientra a pieno titolo tra quelle per le quali la nostra Costituzione prevede ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e ancora una volta si rimanda all’articolo 116 terzo comma che venne approvato nel 2001 da una maggioranza di centrosinistra”. In conclusione: è davvero singolare che un ministro favorevole a 20 sistemi scolastici a marce differenti – ovvero alla sostanziale distruzione della scuola della Repubblica e della Costituzione, normata dagli artt. 33 e 34 e concretizzazione del dettato del c. 2 dell’art. 3 della Carta – sia al contempo l’artefice di una proposta come quella presentata qualche giorno fa sotto forma di decreto in Consiglio dei ministri.

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