OTTIERO OTTIERI La monotonia lascia libera la fantasia e riscatta lo spirito dell’uomo

Da «Donnarumma all’assalto»

Forniamo una rigogliosa terra vergine ai sociologi. Possono studiare qui tanto i rapporti fra l’industria moderna e il meridione, quanto i problemi interni all’industria, che danno un colore storico a questo rapporto. Nella nostra fabbrica l’automazione si intravede; ma intanto vi domina la fase dell’automatismo, quella che ancora non reintegra i lavori parcellari (a ognuno un frammento di lavoro e sempre il medesimo), che anzi, dopo aver fatto esplodere l’antico posto di lavoro unitario, lo polverizza sempre di più.
Fino a dove lo polverizza? Fino all’optimum del rendimento. Quando – già si vede – si vedrà l’uomo stanco e fiacco per l’eccessiva frammentarietà della mansione, allora si penserà a riallargarla, rendendola meno automatica e più varia.
Nell’attesa, su questo accanito automatismo le idee generali sono assai varie, e appassionano molti studiosi moderni; un po’ meno gli operai alle macchine e ai banchi.
Qui accanto a me il meridionale ligure subisce certamente un lavoro monotono: proprio quella monotonia famosa e tanto studiata che secondo alcuni scrittori conduce, a tempi alterni, allo svuotamento d’ogni pensiero e alla malsana fantasticheria. Non va però dimenticato che ad altri scienziati del lavoro e ingegneri delle anime la stessa monotonia risulta un bene; perché lascia libera la fantasia e quindi riscatta lo spirito dell’uomo. A questo punto di nuovo le teorie si separano: tale libertà fantastica e del pensiero serve all’operaio per dedicarsi alle riflessioni, specie politiche, e quindi per maturare; tale libertà risulta pericolosa perché le maestranze ci trovano il tempo di pensar male dei padroni e di covare la rivolta. Mentre è facile immaginare a quale visione del mondo appartengano le due scuole, non so, per esempio, quale delle due teorie sta dentro la testa del ligure. Anche se sto qui, a due passi da lui, a spiarlo.
Il giudizio di un’altra scuola è salomonico: alcuni individui si adagiano felici e preferiscono la monotonia automatica; altri no, secondo il temperamento. Il compito degli psicotecnici consiste nell’individuare i primi per le macchine di serie, le «catene» ecc., e tenerne lontani i secondi. Se vale questa diagnosi psicologica, cioè questa diversità di temperamenti, essa rende la scelta inesorabile, diabolica: per i riconosciuti adatti – adatti per sempre? – alla monotonia, che speranza c’è?
Il progresso tecnico. Secondo gli studiosi più storicisti o avveniristi, il progresso tecnico arriverà a incredibili riduzioni di orario, 36, 30, 20 ore, un solo giorno alla settimana: di un compito così automatico e leggero che nessuno si accorgerà di eseguirlo; oppure di una mansione così intelligente che tutti si infileranno un camice bianco e siederanno, un libro in mano, davanti ai pannelli di controllo. A noi invischiati quotidianamente nella fabbrica, alle prese. con le ore straordinarie, questi sembrano giorni lontani. Ma la sociologia già si occupa del «tempo libero» e lo studia per pianificarlo, cioè per non renderlo più libero.

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