Braccio (fiorentino)


Da Firenze Today

Dietro ai modi di dire di qualsiasi dialetto si nasconde sempre una storia del passato. A Firenze sono tante le espressioni tipiche che vengono usate in vari modi e in varie situazioni. Una delle più simpatiche è certamente «Avere il braccino corto». […] Come spiega […] la pagina facebook del Comune di Firenze, potrebbe sembrare che significhi avere il braccino così corto da non arrivare al portafoglio, ma in realtà l’origine è ben diversa.

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Il generale ha scritto anche cose giuste

Il generale ha scritto anche cose giuste. Più che altro, il generale ha detto delle cose, ha scritto un libro dove dice delle cose, può usare la sua candidatura per ribadirle. Tra le cose che ha detto ci sono delle idee che fanno giustamente inorridire chi ha una coscienza, chi conosce un po’ di storia (la proposta di classi differenziali per i disabili, che piaceva anche a chi ha redatto il rav di un noto liceo classico del centro di Roma anni fa, che ha sollevato un coro di critiche, ma insomma, il taglio degli insegnanti di sostegno è nel programma del governo). Ciononostante qualcuno dirà: io non sapevo niente.

ENZO CARELLA Malamore

Da «Vocazione» (1977)

Dì che mi amerai di colpo o corruzione
Soffiando il cuore infiammandomi il polmone
Un segno sulla coscia la tua bocca migliore
E il cuore che divori come un pugno di more
Dì che bene mi amerai di malamore
Sì di malamore

Dì che mi amerai di febbre o consunzione
Prendi alla fronte il cervello fra il pallone
Baciami alla gola la tua bocca migliore
Ma è l’asma che mi cola come piombo sul cuore
Dì che bene mi amerai di malamore
Dì che bene mi amerai di malamore
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LUCA MALGIOGLIO Leggere insieme, imparare insieme. Nota sul «male di vivere», la «divina Indifferenza» e la libertà

La scuola e noi, 10 aprile 2023

Premessa

A volte, nel nostro lavoro di insegnanti, rischiamo di smarrire il senso di quello che facciamo: presi da incombenze burocratiche di ogni tipo, persi in griglie, programmazioni, adempimenti, può capitarci di dimenticare che leggere un brano letterario insieme agli studenti significa rispondere a una sfida, trovare ciò che esso ha di importante da dire, farlo parlare e tradurlo in modo che possa portare qualcosa di nuovo nelle vite di chi lo legge, in termini di rispecchiamento, di emozione, di associazioni mentali inedite, di apertura di spazi imprevisti di pensiero.

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ENRICO CAMPANELLI Chi detta legge nella scuola italiana?

[MicroMega, 14 febbraio 2022]

La politica sulla scuola è orientata da enti che poco hanno a che fare con la cultura e molto invece con il mondo dell’economia

Che la politica sulla scuola sia orientata da enti che poco o nulla hanno a che fare con la cultura e molto invece hanno a che fare con il mondo dell’economia, è cosa nota. A volte poi, per ovvi motivi, la vera natura di tali enti viene celata dietro nomi, strutture e ‘mission’ più presentabili e più affini al mondo della scuola. Non c’è nulla di segreto in tale operazione di ‘maquillage’ poiché tutte (si spera) le informazioni a tal riguardo sono pubbliche e di facile reperimento, purché le si cerchi. Può però essere utile, ogni tanto, rimettere in chiaro come stanno le cose.

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Congiuntivo

Il congiuntivo. Senza il congiuntivo metà dei problemi grammaticali degli studenti fossero risolti. Nessun parruccone potesse pontificare sui congiuntivi sbagliati. L’italiano fosse diventato più lineare e più immediato. Vogliate confrontare quanto è migliore una formulazione come io penso che tu sei un imbecille rispetto a quella sinuosa e surrettizia che reciti io pensi che tu sia un imbecille. L’avessi detto, ma è come non l’ho detto. E quantunque in questa stanza c’è pieno di aria fritta, rispetto a sia piena di aria fritta. Sia stata piena o non sia stata piena? Sia piena, sì, ma sia un discorso soggettivo, qualcuno lo pensi, il congiuntivo metta una distanza che non sia naturale. Abolissimo il congiuntivo, verbo non democratico e frustrante, poi passassimo al condizionale, poi all’indicativo, cosicché comunicassimo solo con gli emoji.

Canovacci

Ciò che è impegnativo crea la possibilità del fallimento, il fallimento crea frustrazione, un fallimento dopo l’altro crea frustrazione cronica, che opprime la curiosità e di conseguenza dissecca la sete di apprendere. Per questo io sto proponendo agli studenti di fare dei canovacci, tutto si può stringere in una paginetta, un abstract, una figura con una didascalia, una nota a piè di pagina, lo spunto per uno spunto, lo schizzo da cui si può intravedere l’impronta dello studente, o per lo meno la sua capacità di pescare informazioni, l’abilità nel copia-incolla, che è la prima competenza del cittadino consapevole del futuro futuribile.

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LUIGI PIRANDELLO Non si può vivere davanti a uno specchio

Da «Uno, nessuno e centomila»

Non mi restava per il momento che Anna Rosa, la compagnia ch’ella voleva le tenessi durante la sua infermità.
– Se ne stava a letto, col piede fasciatole diceva che non se ne sarebbe alzata più, se, come ancora i medici temevano, fosse rimasta zoppa.
Il pallore e il languore della lunga degenza le avevano conferito una grazia nuova, in contrasto con quella di prima. La luce degli occhi le si era fatta più intensa, quasi cupa. Diceva di non poter dormire. L’odore dei suoi capelli densi, neri, un po’ ricciuti e aridi, quando la mattina se li trovava sciolti e arruffati sul guanciale, la soffocava. Se non era per il ribrezzo delle mani d’un parrucchiere sul suo capo, se li sarebbe fatti tagliare. Continua a leggere “LUIGI PIRANDELLO Non si può vivere davanti a uno specchio”