ROBERTO CONTU L’insegnante è collettivo (il consiglio, il dipartimento, il collegio)

[La scuola e noi, 12 giugno 2023]

Un lavoro collettivo

L’insegnante è un lavoro collettivo, e la prima forma della sua pluralità è la relazione nella classe: su questo, fino a quando la scuola sarà tale, non ci sarebbe da aggiungere un solo iota o un solo trattino. Appena fuori dalla porta dell’aula, ci sono tre altre forme – assai in crisi – sulle quali vorrei provare a dire qualcosa: il consiglio di classe, il dipartimento, il collegio docenti. Ma non prima di una premessa, che già contiene parte dell’assunto di questo intervento. Nell’ultimo decennio, la discussione sul mondo della scuola è tra quelle della vita pubblica che più di tutte hanno messo radici e creato foreste in rete e social. Se da una parte ciò ha aperto opportunità positive di cui tutti abbiamo fatto e facciamo continuamente esperienza Continua a leggere “ROBERTO CONTU L’insegnante è collettivo (il consiglio, il dipartimento, il collegio)”

Corso sulla sicurezza

«La solitudine del satiro», 27 febbraio 2015

Il corso sulla sicurezza non mi è dispiaciuto. In particolare quando l’ingegnere, in realtà è un chimico ed ex insegnante, ha detto che il blocco degli scrutini è l’unico modo efficace per protestare perché incide su interessi economici. Tralasciando il fatto che a un certo punto ha detto di voler radere al suolo la nostra scuola.

Ho trascritto alcuni passaggi.
Nel bagno dei professori non c’è lo sciacquone. Si usa lo zicchiu?
Bisogna convocare un entomologo quando si pulisce dietro i termosifoni. Continua a leggere “Corso sulla sicurezza”

Civiltà

Non esiste un documento di civiltà che non sia allo stesso tempo un documento di barbarie.
Walter Benjamin

Sì, sì, sono un occidentalista, sono devoto all’Europa; cioè, per meglio dire, sono devoto alla cultura, alla civiltà, sì, questa è la parola giusta, la amo con tutto il cuore, credo in lei e non credo e non crederò mai in nient’altro. Questa parola: ci-vil-tà, è comprensibile, e pulita, e santa, mentre le altre, nazione, popolo, gloria, puzzano di sangue… Accidenti a loro!
Ivan Turgenev, Fumo (1867)

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GREGORY CORSO Il lamento del cecchino

Da «Gasoline»

Senti bello
Senti ancora grazie a me
Questo non c’è sempre stato
E io con candele da vendere
Il ponte di Williamsburg poteva raccontare
Il primo colpo fuori bersaglio della carabina giocattolo
Che andò a colpire per sbaglio la fabbrica di cera
Si conficcò nel fianco del sesto piano
E ne uscirono cera e granito
E ancora oggi sanguina.

Goebbels

In gioventù, Goebbels ambiva a diventare uno scrittore. Nel 1921, a ventiquattro anni, aveva conseguito un dottorato di ricerca (la sua tesi verteva su un drammaturgo del diciannovesimo secolo sconosciuto ai più) e per diversi anni aveva lottato per costruirsi una carriera rispettabile. Aveva scritto un romanzo che nessun editore aveva acconsentito a pubblicare, due sceneggiature teatrali che nessun produttore aveva accettato di produrre, quindi si era dedicato al giornalismo, ma anche lì senza risultati. Quando aveva incontrato il suo idolo Hitler, la ruota della fortuna aveva iniziato a girare nella giusta direzione.

Rebecca Donner, Nei giorni oscuri della nostra vita

UMBERTO SABA Ai poeti resta da fare la poesia onesta

Da «Quello che resta da fare ai poeti» (1911)

Ai poeti resta da fare la poesia onesta.

C’è un contrapposto, che se può sembrare artificioso, pure rende abbastanza bene il mio pensiero. Il contrapposto è fra i due uomini nostri più compiutamente noti che meglio si prestano a dare un esempio di quello che intendo per onestà e disonestà letteraria: è fra Alessandro Manzoni e Gabriele D’Annunzio: fra gli Inni sacri e i Cori dell’Adelchi, e il secondo libro delle Laudi e la Nave: fra versi mediocri ed immortali e magnifici versi per la più parte caduchi. L’onestà dell’uno e la nessuna onestà dell’altro, così verso loro stessi come verso il lettore (perché chi à un candido rispetto per l’anima propria, lo à anche, all’infuori della stima o disistima, per quella a cui si rivolge) sono i due termini cui può benissimo ridursi la differenza tra i due valori.

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JORGE LUIS BORGES L’ultimo sorriso di Beatrice

[Da «Nove saggi danteschi»]

È mia intenzione commentare i versi più patetici che la letteratura ci abbia dato. Li include il Canto XXXI del Paradiso, e benché siano famosi, nessuno pare aver compreso il dolore che vi è in essi, nessuno li ha ascoltati interamente. È ben vero che la tragica sostanza che racchiudono appartiene meno all’opera che all’autore dell’opera, meno a Dante protagonista che a Dante redattore o inventore.

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GIOVANNI CAROSOTTI La scuola del futuro? Un progetto già vecchio. Alle origini del PNRR

Da Clionet, giugno 2023

Premessa

Uno dei tanti meriti dello studio di Gert Biesta1, recentemente tradotto in Italia, è stato quello di avere fatto chiarezza sull’uso strumentale e ideologico delle espressioni di «innovatore» e «conservatore», relativamente alle scelte metodologico-didattiche sostenute dalle politiche di riforma della scuola in Occidente negli ultimi due decenni. Il principale riferimento per legittimare la nuova politica scolastica, considerato in sé una garanzia di innovazione, è senz’altro la tecnologia digitale; l’inevitabilità di un suo utilizzo sempre più invasivo (con le implicite e indubbie comodità che esso arreca a diverse pratiche), nonché la dimestichezza (sia pure solo superficiale e in molti casi orientata comunque a una logica di consumo) delle giovani generazioni Continua a leggere “GIOVANNI CAROSOTTI La scuola del futuro? Un progetto già vecchio. Alle origini del PNRR”

Malavita (organizzata)

La mafia non esiste.
Alfredo Galasso

Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.
Paolo Borsellino

«La malavita organizzata non è altro che l’aspetto più sudicio del potere d’acquisto del dollaro».
«E quale sarebbe l’aspetto pulito?».
«Non l’ho mai visto».
Da Raymond Chandler, Il lungo addio