UMBERTO SABA Ai poeti resta da fare la poesia onesta

Da «Quello che resta da fare ai poeti» (1911)

Ai poeti resta da fare la poesia onesta.

C’è un contrapposto, che se può sembrare artificioso, pure rende abbastanza bene il mio pensiero. Il contrapposto è fra i due uomini nostri più compiutamente noti che meglio si prestano a dare un esempio di quello che intendo per onestà e disonestà letteraria: è fra Alessandro Manzoni e Gabriele D’Annunzio: fra gli Inni sacri e i Cori dell’Adelchi, e il secondo libro delle Laudi e la Nave: fra versi mediocri ed immortali e magnifici versi per la più parte caduchi. L’onestà dell’uno e la nessuna onestà dell’altro, così verso loro stessi come verso il lettore (perché chi à un candido rispetto per l’anima propria, lo à anche, all’infuori della stima o disistima, per quella a cui si rivolge) sono i due termini cui può benissimo ridursi la differenza tra i due valori.

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