La matita viola

Qualcuno, forse il pedagogista democratico, che come Frate Indovino ha una ricetta o una pillola di saggezza per ogni giorno dell’anno, ne ha inventata una nuova: la matita viola per correggere. Però, forse anche la parola correggere è troppo forte, fa sospettare che lo studente possa commettere degli errori, lo frustra, lo demotiva, e a lungo andare ne fa un disadattato. Mettiamoci una mano sulla coscienza, tutti, prima di scagliare la pietra. Un tratto leggero con la matita viola (non penna, mi raccomando), un viola non troppo acceso, lilla.

Siamo tutti pedagogisti. Con e senza stivali. Una scuola di pensiero con molti adepti si chiama «la mia maestra». Qualcuno lamenta sui social questa nuova abitudine di alcuni docenti di assegnare i compiti per le vacanze durante le vacanze. Il registro elettronico lo permette. A patto di aprirlo e consultare l’agenda di oggi durante le vacanze. Tra tante voci indignate si trova qualche apologia dei buoni tempi andati, quando «la mia maestra…» e «naturalmente siamo sopravvissuti…noi». Noi sì che ne sapevamo, eravamo più saputi degli scolari di oggi.

Nemmeno puoi dirgli, al pedagogista, che non sei tanto convinto riguardo a questa storia dei giudizi educativi, perché lui ti bacchetta: cosa ne sa, lei, di docimologia? Poco, lo ammetto, abbastanza per fare la media dei voti, non abbastanza per fare la media dei giudizi educativi.

Durante le vacanze il tema più caldo rimane quello dei compiti per le vacanze. Un altro pedagogista, intervistato da «Tecnica della scuola» parla dello stress da compiti, prodotto di una cultura della competizione che non lascia spazio all’apprendimento, e non lesina consigli ai docenti, a cui quali manca un metodo, pensano solo a imporre i loro spiegoni e invece dovrebbero portare gli scolari a vedere i monumenti. Anche un premio Nobel per la fisica si unisce al coro. Dice che lo studio della scienza è troppo nozionistico. Gli scolari si devono divertire e anche qualcosa sulla passione che aiuta a vincere la timidezza.

Un collega in un gruppo si indigna contro la scuola 0.0 (senza voti, senza compiti, senza zaini ecc.). Dice che il paese dei balocchi è dietro l’angolo. Non sono d’accordo: nel paese dei balocchi è sempre festa, qua invece nella scuola senza scuola, tra pcto, trasmissioni multimediali della qualunque, progetti, progettini, test standardizzati, c’è poco da divertirsi.

L’empatia. Che bella parola.