OTTIERO OTTIERI Vi amo

Da «Vi amo» (1988)

Vi amo, o voi per me irraggiungibili
tropici, spiagge lunate,
dove si vive sotto una palma,
vi amo dall’erta
di questa Milano irto gelido cantiere
dove la linea tre avanza.
Siamo tutti in tempi di linea tre
e di rifacimento della piazza
del paese monocentrico. Ma non avanza
la bellezza. La cultura danza
fra la tenebra industriale
e commerciale.
L’anima internazionale
si racchiude nei piccoli templi
degli uffici esteri.
Siamo al centro dell’Europa
senza avvedercene,
troppo operosi nel provinciale cantiere.
Presso di voi, Tropici, non opero
e non mi annoio,
il pesce mi salta in bocca
dall’onda larga e lunga,
le ragazze mi vengono a trovare
sotto la palma o nella capanna,
volano i pesci e volano
i grandi uccelli, la foresta
e alle spalle. Qui nevica.
La mia chiglia non sa affrontare
la tua poltiglia, crema di città
meridionale del nord.
Meglio Stoccolma. Eppure
to hai molti affezionati amici,
o Milano,
che ti trovano simpatica,
o perché ci sono in te nati
o perché dài il pane. Ma
nel mio condominio
non si deve dare il pane
neppure ai piccioni.
È giunta a tutti i signori condomini
e/o inquilini una lettera grigia
dell’amministratore che dice:
«Si è rilevato che nelle giornate festive
in assenza
del servizio di portierato
(dello stabile essenza) qualche
condomino, inquilino
e suo personale dipendente
(dico io: dal dente avvelenato)
getta in cortile
mangime ai colombi
(pane bagnato, vari cereali,
eccetera). Tale comportamento
è in netto contrasto
alle più elementari norme
di igiene e convivenza.
Mi permetto di richiamare
la loro attenzione
sulla necessità di evitare
qualsiasi richiamo
di tale volatile, in quali
assumendo l’abitudine
di stazionare nello stabile
possono
comprometterne la funzionalità
e danneggiarne il decoro».
Confidando nella collaborazione di tutti
il ragioniere invia i suoi più cordiali saluti.
La firma e una sigla
da medico. Ma tu, ragioniere,
non potrai mai medicarle
le nostre anime.
Tu ci fai fuggire,
ci denutrisci insieme ai colombi.
Veniamo da voi, o Tropici,
dimentichiamo perfino
il nostro nome di compagni,
scavalchiamo il socialismo,
prendiamo un aereomobile
e sbarchiamo nella foresta
dell’Amazzonia o nella
Papuasia, a scelta.
Scegliere è rinunciare.
Dobbiamo elaborare la scelta,
manipolare il ragioniere
e gli psicoanalisti,
li convinciamo che bisogna
fuggire, col fuoco della rabbia
e col bisturi della ragione.
Intanto sopra i tetti innevati
la neve cade ancora,
neve su neve,
la città si paralizza.
Si realizza il sogno di Crosuè
anche se siamo smaliziati
e sappiamo che da Rinaldi
si organizza il gruppo
e va nell’albergone
secondo un ben preciso programma.
Perché il programma e tutto.