ENNIO FLAIANO La libertà porta alla noia

Da «Le ombre bianche» (1956)

Poiché le cose andavano male e se ne parlava, e tutti a destra e a sinistra la desideravano, un giorno ci svegliammo con la dittatura. In attesi di sapere che colore avrebbe preso, ci fu una riunione. I dittatori in realtà erano due, ognuno pronto a divorare l’altro, ma si facevano gran sorrisi. I problemi da risolvere erano vari e complessi, e impellenti. «Prima di tutto», disse il Dittatore N. 1 «non possiamo esaminare nessun problema se non sappiamo chi è il nostro Nemico». L’altro annuì.
Gli rispose un ministro: «Fortunatamente, non abbiamo nemici. E anche l’economia è solida. La crisi è filosofica. Urgono provvedimenti filosofici».
«Da oggi la Filosofia siamo noi» disse il Dittatore N. 1 «e riteniamo che un nemico è indispensabile. Anzi, uno interno e uno esterno. Quello interno l’abbiamo già, sono coloro che non ci applaudiranno. Quello esterno, per ora, è il nostro vicino. Da questo momento i giovani debbono odiarlo e disprezzarlo: per la rilassatezza dei suoi costumi, per la sua scarsa virilità, perché non è retto da una dittatura. Si facciano subito manifestazioni di piazza contro questo Nemico, e manovre militari alle frontiere. Si costruiscano navi e cannoni, ponendoli come alternativa democratica al burro. E adesso vediamo i problemi».
Presero un foglio e lo esaminarono. Il Dittatore N. 2 cominciò: «Gli scioperi? Nazionalizzarli. Gli studenti? Inquadrarli col presalario. Gli intellettuali? Idem, col post-salario. I dissenzienti? Ammonirli. La crisi dei partiti? Il parlamentarismo è finito, finita dunque la crisi dei partiti e anche la crisi delle correnti dei partiti. La democrazia? Siamo noi, a tutti gli effetti. Resta da trovare l’aggettivo che migliori il sostantivo…».
«Ma per questo» interruppe il Dittatore N. 1 «aspettiamo a vedere che piega prendono gli avvenimenti. Non mettiamo il carro dello Stato davanti ai buoi». Tutti risero.
«La crisi del turismo?» riprese il Dittatore N. 2. «Ritirare i passaporti per favorire il turismo interno. La riforma burocratica? Aumentare i burocrati, sino alla Piena Burocrazia».
«Tutti statali, nessuno statale» aggiunse il Dittatore N. 1. «Ma terrorizzarli con la diminuzione degli stipendi. Quanto al ritardo dei treni io e il mio collega siamo d’accordo nel modificare gli orari, elasticizzandoli… Vedo qui altri problemi minori. Venezia da salvare. Dichiariamola fuori pericolo. Il divorzio? Ribadire l’indissolubilità dell’adulterio. L’edilizia ristagna? Distruggere i centri storici e rifarli. I parchi nazionali in rovina? Lottizziamoli. I porti diventano angusti? Restringiamo le navi…».
«I telefoni non funzionano?» continuo il Dittatore N. 2. «Mettiamoli sotto controllo. La montagna si spopola? Popoliamola di confinati politici. Si inquinano le acque? Si beva più vino, e con ciò risolveremo anche il problema N. 16, la crisi vinicola. Le frodi alimentari? Spariranno, penso, con la istituzione delle tessere alimentari, assieme agli alimenti».
«Giusto» disse il Dittatore N. 1. «Gli ortofrutticoli protestano? Affidarli alla Mafia. E la Mafia? Corromperla. E lo Stato arteriosclerotico? Divinizzarlo. Il traffico paralizza le città? Potenziarlo».
Sorrise e continuò: “Se il mio collega mi permette un aforisma, dirò che oggi il successo di ogni rivoluzione, e quindi di ogni dittatura, è condizionato alla paura dell’automobilista. È pericoloso toccare l’automobile. Quand la voiture va, tout va».
Ci furono altri applausi. Il Dittatore N. 1 si fece serio e riprese: «L’educazione sessuale? Sì, ma l’erotismo sia nazionale. L’erotismo sta diventando un’industria, che potrà dare allo Stato un apporto economico non indifferente. Considerarlo ancora come un’attività privata è voler negare il suo carattere sociale e collettivo. Ormai attorno all’erotismo e per l’erotismo, grazie alla pornografia, è tutto un fiorire di iniziative che vanno dall’editoria speciale all’aumentata richiesta di posti-letto negli alberghi, argomento questo che si ricollega al problema del turismo. Non parliamo del cinema, che per primo ha capito i nuovi tempi. Io propongo la nazionalizzazione totale».
«E il problema sanitario? Gli ospedali?» domandò un ministro. «Il nostro popolo è fondamentalmente sano» rispose il Dittatore N. 1. Ci furono applausi prolungati. «La Giustizia è lenta?» riprese. «Acceleriamo l’ingiustizia. Il costo della vita aumenta? Aumentare anche la tassazione diretta, anzi istituire la scala mobile del fisco. Le alluvioni? Ignorarle. Le frane? Disprezzarle. I terremoti? Attribuirli alla geologia. La scuola? Lasciarla aperta a tutte le innovazioni fino a disgustarne gli scolari…».
«Ma non abolirla» interruppe il Dittatore N. 2. «Abbiamo bisogno di otto milioni di dottori».
Dopo gli applausi, il Dittatore N. 1 continuò: «Resta l’aumento della criminalità. Attenueremo le statistiche. Il Mezzogiorno? Visitarlo spesso. La disoccupazione? Distrarla. E mi sembra che non ci sia altro. Ah, dimenticavo la stampa. Allinearla, censurarla, abolirla, secondo i casi».
«Ma i giovani vorranno questa libertà» osservò un ministro.
I due dittatori si consultarono e risposero insieme:
«Scrivete sui muri con vernici indelebili: “La libertà porta alla noia e la noia alla dittatura, e la dittatura è quella che è”».