Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove ‘l sì suona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
sì ch’elli annieghi in te ogne persona!
Che se ’l conte Ugolino aveva voce
d’aver tradita te de le castella,
non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
Innocenti facea l’età novella,
novella Tebe, Uguiccione e ’l Brigata
e li altri due che ’l canto suso appella
Dante, Inferno, XXXIII 79-90
Pisa è un misto di città grande e di città piccola, di cittadino e di villereccio, un misto così romantico, che non ho mai veduto altrettanto. A tutte le altre bellezze, si aggiunge la bella lingua. E poi vi si aggiunge che io, grazie a Dio, sto bene; che mangio con appetito; che ho una camera a ponente, che guarda sopra un grand’orto, con una grande apertura, tanto che si arriva a veder l’orizzonte, cosa di cui bisogna dimenticarsi in Firenze. La gente di casa è buona, i prezzi non grandi, cosa ottima per la mia borsa, la quale non è stata troppo contenta de’ Fiorentini: e non vorrei che credeste ch’io fossi venuto qua in posta, come vi ho detto, per fare lo splendido: ci sono venuto con una di queste piccole diligenze toscane, che fanno pagar meno che le vetture.
Giacomo Leopardi, lettera a Paolina