Manicomio

Matto (agg.) – Affetto da un alto grado di indipendenza intellettuale; non conforme ai modelli di pensiero, parola e azione, che la maggioranza ricava dallo studio di se stessa. In poche parole, diverso dagli altri.
Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo

Il manicomio è senz’altro un’istituzione falsa, una di quelle istituzioni che, create sotto l’egida della fratellanza e della comprensione umana, altro non servono che a scaricare gli istinti sadici dell’uomo.

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Al momento dell’internamento, l’ammalato sente sopra di sé il peso della condanna, condanna che non può non riversare sulla società tutta ed anche sui congiunti. I parenti invece avvertono questa repulsione come uno stato di malattia e «cercano di stare alla larga», anche perché non è detto che non abbiano un vago o profondo senso di rimorso. I più impreparati non si aspettano certo che il manicomio sia fatto in quel modo e, a modo loro, riportano degli shock. Ma le vere vittime restiamo pur sempre noi, perché una volta a casa ci sentiremo sempre rinfacciare quella degenza come un fatto giuridico, e non di malattia. Insomma, il malato è un gradino più su di colui che è stato in galera. Io ho sentito, ad esempio, una frase detta appunto da un componente della mia famiglia: «In manicomio facevi ciò che volevi». Come a dire che ero sgravata da ogni responsabilità.
Alda Merini, L’altra verità. Diario di una diversa