Il lungo e magro professor di greco,
che quasi odiar mi fece il divo Omero,
fu stamane a vedermi al mio studietto.
La tavolozza mia si tinse a nero,
e io lasciando i pennelli con dispetto
il guatai torvo e bieco.
Ché all’entrar suo mi rientrò nel core
tutta la noia dei passati inciampi,
quando fanciullo pallido e sparuto
alle dolci anelavo aure dei campi,
e avrei pei gioghi del Sempion venduto
e Troia e il suo cantore.