I
Ho aperto un laboratorio di scrittura. Si intitola «Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca». Nasce da una storia che ho improvvisato all’inizio dell’anno con la mia prima azzurra, in presenza, dove spiegavo che esistono tante versioni di Cappuccetto rosso, non solo quelle canoniche di Perrault e dei fratelli Grimm. Perché non un Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca? E ho cominciato a raccontare di questa bimba con la felpa rossa e il cappuccio che esce di casa per andare a portare le focacce dalla nonna a via dell’Archeologia, si ferma dal tabaccaio e incontra un tizio che nel quartiere chiamano «il Lupo» (all’inizio l’abbordaggio avviene banalmente alla fermata dell’autobus) che se la vuole mangiare. Il resto della storia lo conoscete. Sabato mattina ho scritto la favola per intero con due finali alternativi e con un linguaggio piatto, con coso dice, coso risponde. Inizia così: «C’era una volta, tipo una settimana fa, alle Torri, una bella bimba, ma bellina davvero, che faceva uscire matta la mamma per non dire la nonna. Quella buona donna della mamma le aveva fatto una felpa con il coso rosso, il cappuccio, e per questo tutti la chiamavano cappuccetto rosso», ho tagliato la favola a metà e l’ho proposta alla classe. Ho chiesto di migliorarla e di inventare un finale. Ora vedo che nella mia casella di posta ci sono 14 messaggi in attesa, che si intitolano tutti Cappuccetto rosso e che non ho il coraggio di aprirli (scusate l’anacoluto, le/gli studenti si stanno abituando in modo graduale alla mia visione della lingua).
II
Il compito.
La storia è stata scritta volutamente con un linguaggio colloquiale e con un lessico generico. Riscrivila con un linguaggio adatto a un racconto, correggendo eventuali imprecisioni e inventando un finale.
Avvertimenti:
1. Puoi, se lo ritieni necessario, inserire altri elementi o cambiare particolari della storia tenendo conto che l’obiettivo deve essere quello di mantenere la coerenza generale;
2. Non è obbligatorio che il finale sia sul modello di Perrault (la bimba viene mangiata dal lupo) né dei fratelli Grimm (la nonna e la bimba vengono salvate dal cacciatore);
3. Nel migliorare il linguaggio evita i formalismi (esempio denominare per chiamare) o i tecnicismi (social per whatsapp), per sostituire dire, fare, coso, cosa, cerca parole di uso comune ma espressive, non esagerare con i congiuntivi quando non sono necessari;
4. Usa preferibilmente presente e passato prossimo.
C’era una volta, tipo una settimana fa, alle Torri, una bella bimba, ma bellina davvero, che faceva uscire matta la mamma per non dire la nonna. Quella buona donna della mamma le aveva fatto una felpa con il coso rosso, il cappuccio, e per questo tutti la chiamavano cappuccetto rosso.
Una mattina la mamma, avendo uscito dal forno alcune cose, dice a cappuccetto: Vai a vedere come sta tua nonna che è tanto raffreddata e portale questa roba. Cappuccetto senza farselo dire due volte esce e va dalla nonna che abita a via dell’Archeologia con queste cose dentro un sacchetto. Ma come esce si ricorda di aver finito le sigarette e va dal coso all’angolo. Qui incontra un tizio, uno che nel quartiere chiamano il Lupo, che avrebbe avuto una gran voglia di mangiarsela ma aveva paura di farlo per via dei vigili che giravano per il quartiere.
Il tizio chiede a Cappuccetto dove vai. La bimba, che non sapeva quanto era pericoloso fermarsi a parlare con certa gente, dice che va a vedere la nonna come sta e gli porto questa roba. Il lupo chiede se la nonna abita lontano. Cappuccetto dice che abita a via dell’Archeologia. Il lupo dice vengo anch’io a vedere la nonna come sta ma io vado per via di Tor Bella Monaca e te vai per via Aspertini vediamo chi arriva prima.
Il lupo gira l’angolo prende la bici e comincia a correre contromano per via di Tor Bella Monaca. La bimba va per l’altra strada e passa metà del tempo a scrivere messaggi su whatsapp alle amiche. Il lupo arriva a casa della nonna e suona il campanello. La nonna chiede chi è. Il lupo dice sono Cappuccetto sono venuto a portare questa roba da parte della mamma. La nonna dice quarto piano. Appena entra mangia la nonna in un boccone.
Eccetera
III
Vi propongo la mia versione di Cappuccetto rosso a Tor Bella Monaca con la doverosa premessa che alcune/i studenti mi hanno superato per la fantasia che hanno versato nella storia, e con una dedica speciale alle/ai colleghi che hanno condiviso, in questo periodo surreale di didattica a distanza da una scuola quasi deserta ma non abbandonata, caffè, cioccolata e tanto calore.
C’era una volta, tipo una settimana fa, alle Torri, una bella bimba, ma bellina davvero, che faceva uscire matta la mamma per non dire la nonna. Quella buona donna della mamma le aveva fatto una felpa con il coso rosso, il cappuccio, e per questo tutti la chiamavano cappuccetto rosso.
Una mattina la mamma, avendo uscito dal forno alcune focacce, dice a cappuccetto vai a vedere nonna come sta che è tutta attufata e portale le focacce che ho appena uscito dal forno. Cappuccetto senza farselo dire due volte esce e fa per andare dalla nonna che abita a via dell’Archeologia con le focacce dentro un sacchetto del Pewex. Ma come esce si ricorda di aver finito le sigarette e va dal tabaccaio. Qui incontra un tizio, uno che nel quartiere chiamano il Lupo, che avrebbe avuto una gran voglia di mangiarsela ma aveva paura di farlo per via di certi vigili che giravano per il quartiere.
Il tizio dice a Cappuccetto che begli occhi che hai ma dove vai bella biondina. La pora bimba, che non sapeva quanto era pericoloso fermarsi a parlare con certa gente, dice vado a vedere la nonna come sta che è tutta attufata e gli porto le focacce che mi madre ha appena uscito dal forno. Il lupo chiede se la nonna abita lontano. Cappuccetto dice macché abita a via dell’Archeologia ce se va a piedi ce vonno cinque dieci minuti. Il lupo dice vengo anch’io a vedere la nonna come sta che è tutta attufata ma io vado per via di Tor Bella Monaca e te vai per via Aspertini vediamo chi arriva prima.
Il lupo gira l’angolo prende la bici e comincia a pedalare contromano per via di Tor Bella Monaca. La bimba se ne va per la sua strada e passa metà del tempo a scrivere messaggini su whatsapp alle amiche e siccome dopo il Mauri c’è un prato si ferma a raccattare dei fiori da portare alla nonna perché cappuccetto è una bimba gentile nonostante tutto.

Il lupo arriva a casa della nonna e suona il campanello. La nonna chiede chi è. Il lupo con un fazzoletto sulla bocca dice sono cappuccetto sono venuta a portare delle focacce che la mamma ha appena uscito dal forno. La nonna che oltre a essere tutta attufata è anche rintronata dice quarto piano. Appena entra il lupo come stabilisce il protocollo mangia la nonna in un boccone anche perché era tre giorni che non mangiava. Dopo mangiato va a mettersi a letto e aspetta. A una certa suona il campanello. Il lupo chiede chi è. Cappuccetto pensa la nonna deve essere bella attufata che ha questa voce cavernosa perciò risponde nonna so cappuccetto so venuta a portare le focacce che la mamma ha appena uscito dal forno. Il lupo dice sali è aperto.
Quando cappuccetto entra nella stanza il lupo si nasconde sotto le coperte e dice: posa le focacce e vieni a letto con me. Cappuccetto si spoglia ed entra nel letto, non pensate male di lei, c’è scritta questa cosa che entra nel letto tutta spogliata nella favola di Perrault pari pari, d’altronde lei pensa che sotto le coperte c’è la nonna. Qui però comincia a dire: che braccia grandi che hai nonna e il lupo dice per abbracciarti meglio e che gambe lunghe e il lupo per correre meglio eccetera fino a che bocca grande che hai è per mangiarti meglio e qui il lupo si avventa su cappuccetto e se la mangia in un boccone ed è anche giusto perché «non bisogna mai fermarsi a discorrere per la strada con gente che non si conosce: perché dei lupi ce n’è dappertutto e di diverse specie, e i più pericolosi sono appunto quelli che hanno faccia di persone garbate e piene di complimenti e di belle maniere».
C’è una variante, quella dei fratelli Grimm, dove un vicino si insospettisce e chiama i vigili. I vigili vengono trovano il lupo che dorme, aprono la pancia, estraggono la nonna e cappuccetto a cui fanno la multa perché non si dà confidenza agli sconosciuti né tanto meno gli si apre la porta e riempiono la pancia del lupo con le focacce che nel frattempo sono diventate dure come pietre, poi lo mettono in ascensore e lo portano al laghetto e ce lo affogano. Qualcuno potrebbe obiettare che un laghetto a Tor Bella Monaca non c’è. Diciamo che ci sono molte buche profonde e la favola è ambientata in un periodo in cui era piovuto per giorni.
IV
Nella storia di Cappuccetto ci sono nascoste/i amiche/ci che l’hanno involontariamente ispirata. Ma ho dovuto tagliare alcuni riferimenti per un’esigenza di essenzialità, o perché incongrui, o non riducibili a stereotipi. Quindi, per esempio, Cappuccetto non perde tempo alla curva di via Aspertini a fotografare i murales e le scritte sui muri, non accetta un cioccolatino dal lupo mentre si trova dentro la tabaccheria, nessuno dei personaggi porta la mascherina e quindi il lupo non può fare la battuta stupida sugli occhi di Cappuccetto che sono più luminosi perché porta la mascherina, Cappuccetto può portare la felpa invece della mantellina ma il cappuccio non può essere blu, deve essere per forza rosso. E sì, la mamma avrebbe dovuto preparare una bella crostata e non delle volgarissime focacce. E ci poteva stare che la nonna aveva dei cani selvaggi pronti ad addentare una caviglia del lupo. E chi è che non può fare a meno di passare dal tabaccaio mettendo in moto tutto il meccanismo?
Nella mia versione ci sono alcune anomalie: la prima è che il lupo prende via di Tor Bella Monaca contromano in bici. Anna, la collega, fa notare che se uno non conosce Tor Bella Monaca non capisce quanto si allunga prendere via di Tor Bella Monaca verso la Casilina, arrivare allo slargo all’altezza di largo Mengaroni e tornare indietro. Quindi il lupo non poteva fare diversamente. Giulia e Giada suggeriscono che ruba la bici e questo lo rende ancora più lupo, mangiabambini, pirata della strada e anche ladro di biciclette. Molti hanno optato per un vago ma più efficace prende UNA bici anziché LA bici.
La nonna risponde al citofono quarto piano. Nella versione definitiva ho aggiunto che è tanto attufata e anche un po’ rintronata. Nella versione che ho assegnato agli studenti c’è scritto solo quarto piano. Nessuno se n’è accorto. Tutti hanno inglobato il quarto piano nel loro racconto. Il lupo al citofono dice sono cappuccetto sono venuto a portare le focacce. Nella versione definitiva ho corretto: sono venuta. La nonna non si è accorta di niente. Gli studenti nemmeno. Cappuccetto tira dritto per via Aspertini senza fermarsi a raccattare fiori al prato dopo il Mauri. Le/gli studenti della prima azzurra non ritengono che Cappuccetto sia una bimba gentile ma preferiscono descriverla come una bimba sgarbata, distratta e ingenua.
Nella migliore delle ipotesi perché Cappuccetto abita alle Torri e sa il fatto suo. La bimba di Elena ha fiutato l’inganno e nel percorso tra le Torri e via dell’Archeologia scrive messaggi con il telefono ma non alle amiche bensì alla nonna, per avvertirla del pericolo, e alla polizia. Quando entra a casa della nonna Cappuccetto di Giulia M. non trova la nonna e chiede al lupo che fine ha fatto. Il lupo dice la nonna è andata a fare la spesa. Cappuccetto non se la beve e comincia a rimpinzare il lupo di dolcetti, e intanto chiama la polizia. Ma è nel racconto di Greta che Cappuccetto sfodera il proprio carattere: quando entra a casa capisce che qualcosa non va e aggredisce il lupo con tutti gli oggetti affilati che trova per casa. Sono gli stessi oggetti affilati che il lupo ha ingoiato insieme alla nonna e a Cappuccetto che lo rovinano nel racconto di Christian: mentre scappa, probabilmente per il peso del pasto appena consumato, ruzzola per le scale «e gli oggetti appuntiti che si trovavano nella pancia del lupo lo trafissero e così il lupo morì».
Cappuccetto non porta i fiorellini alla nonna e non viene mangiata, quando viene mangiata, perché il lupo è cattivo e Cappuccetto ha dei begli e intensi occhi neri. Il lupo mangia Cappuccetto perché ha fame. Le/gli studenti non erano in condizioni di restituire l’aspetto allegorico della storia. Ma il livello letterale non è né banale né scontato. Lo dimostra la quantità di varianti a cui è stato sottoposto l’elemento cose che la mamma ha uscito dal forno che diventano nei racconti biscotti, dolciumi, dolcetti, pizze margherite, una torta alle mele, svariate pietanze cucinate, oppure, ma siamo sempre in una dimensione concreta, nella storia di Simone le focacce diventano oggetti utili.
Ieri mattina, poiché avevo un po’ di tempo, ho fatto il percorso di Cappuccetto per via Aspertini fino al ponte che rimette su via di Tor Bella Monaca e poi indietro per tornare a scuola. E ho scoperto non solo che nel prato dopo il Mauri non ci sono fiori, ma che, se Cappuccetto si fosse fermata a raccattare nel prato i fiori che non ci sono avrebbe visto il lupo sfrecciare contromano su via di Tor Bella Monaca. Tempi di percorrenza per un passo normale: un quarto d’ora dall’angolo di Pescatore al ponte, poco più di cinque minuti dal ponte al cancello di scuola. Più o meno lo stesso tempo che ci vuole per andare da casa mia alla posta di viale della Stazione Prenestina e ritorno. Ma questa è un’altra storia.
V
I finali alternativi. Se avete voglia di aprire il link potete rileggere questa storia dalla premessa. E qualcuno forse scoprirà che parla di persone reali, che si possono incontrare in una scuola in cui la realtà è stata sospesa.
Quando possono uscire dalla traccia assegnata, in realtà avevano facoltà di cambiare l’intreccio a loro piacimento, le/gli studenti liberano Cappuccetto dallo stereotipo della bimba sottomessa e soprattutto la liberano dal finale ingiusto e gratuito di Perrault e anche da quello macchinoso dei fratelli Grimm.
Il Cappuccetto di Giulia M. fa un video da pubblicare su instagram per denunciare il lupo. Il lupo è disorientato e comincia a vomitare e sputa anche la nonna. La nonna esce delusa dalla pancia del lupo, che si ricorda di essere a dieta. Non ci sono più i lupi di una volta, suggerisco.
Il cappuccetto di Giorgia mangia il lupo e poi torna a casa e fa finta di niente. Il tempo passa e di questa storia non si parlerà più. Il lupo di Alexandra mangia la nonna, Cappuccetto suona il campanello, il lupo apre, ma siccome Cappuccetto non desidera vedere la nonna lascia le pietanze nella cassetta della posta e se ne va. Il lupo aspetta inutilmente la bimba. La nonna è la vittima della violenza di questa società di lupi affamati e bimbe maleducate.
Cappuccetto fuma una sigaretta specchiandosi in una vetrina e nello specchio vede il padre che non avrebbe dovuto sapere che fuma, allora scappa e si trova di fronte all’Amaldi, a cui si vorrebbe iscrivere da grande, e qui si accorge che il sacchetto del Pewex è vuoto. Il lupo, nel frattempo, non vedendo arrivare Cappuccetto e non potendo resistere alla fame, ordina tre pizze da Alice, dove lavora, combinazione, la mamma di Cappuccetto. Questo dà inizio a una catena di eventi. Alla fine della storia il lupo si ritrova con queste tre pizze gratis e la casa libera. Non si hanno più notizie della nonna. Acsah ha scritto scusi se mi sono dilungata ma la storia mi ha preso la mano. Dovrebbe succedere più spesso.
Non manca il colpo di scena. La nonna di Angelica colpisce il lupo con una padella. Quando entra a casa della nonna Cappuccetto trova il lupo svenuto e lo soccorre. Il lupo si sveglia e mangia la nonna. Cappuccetto riesce a scappare e va a denunciare il lupo.
Tuttavia, il lieto fine prevale. Non solo perché Cappuccetto sa il fatto suo, e non esita a ritorcere contro il lupo la violenza che avrebbe dovuto subire. Il cacciatore dei fratelli Grimm torna sotto la forma, suggerita, dei vigili o sotto quella, prevedibile, della polizia non solo nella storia di Elena e Greta ma anche in quella di Aurora dove è stata messa in allarme dalle telecamere presenti nell’appartamento della nonna. Ma anche il focolare domestico ritrovato. La storia di Alice si conclude con il fermo immagine di Cappuccetto e della nonna sedute sul divano a sgranocchiare i biscotti preparati dalla mamma di Cappuccetto.
Il nostro Cappuccetto vive ai tempi del coronavirus ma al tempo stesso evade dal coronavirus. Ma il covid da qualche parte doveva comparire. La nonna nel racconto di Giulia T. viene estratta viva dalla pancia del lupo ma starnutisce rumorosamente e viene sottoposta a un tampone da cui risulta positiva. A questo punto anche Cappuccetto e il lupo sono in quarantena, con buona pace di tutte e tutti. Perrault oggi avrebbe stabilito un’altra morale della favola: vedi cosa succede quando le persone anziane passano il tempo a spettegolare tra loro: si contagiano.
VI – Cappuccetto rosso ai tempi del Covid (Giulia T.)
C’era una volta, circa una settimana fa, alle Torri, una bambina molto carina, che spesso faceva alterare sua mamma e ancor di più sua nonna. La mamma era stata così gentile da comprarle una felpa con un cappuccio rosso e per questo tutti la chiamavano cappuccetto rosso.
Una mattina la mamma, dopo aver sfornato alcuni dolci, dice a cappuccetto: «Vai a vedere come si sente tua nonna perché è molto raffreddata e portale questi dolciumi». Cappuccetto senza farselo ripetere esce di casa e va dalla nonna che abita a via dell’Archeologia con i dolci della mamma in un sacchetto del Pewex. Ma appena mette piede fuori di casa si ricorda di aver finito le sigarette e va dal tabaccaio. Qui incontra un signore, che nel quartiere viene chiamato il Lupo, che aveva una gran voglia di mangiarsela, ma aveva paura di farlo a causa di alcuni vigili che giravano per il quartiere.
Il Lupo chiede a Cappuccetto dove stesse andando. La bimba, poverina, che non sapeva quanto era pericoloso fermarsi a parlare con la gente come lui, dice che sta andando a trovare la nonna per vedere come si sente e per portarle dei dolcetti. Il lupo chiede se la nonna abita lontano. Cappuccetto scuotendo la testa gli spiega che abita a via dell’Archeologia. Il lupo dice: «vengo anch’io a vedere come si sente la nonna, ma io percorro via di Tor Bella Monaca, tu invece attraversa via Aspertini, vediamo chi arriva prima».
Il lupo gira l’angolo prende la bici e comincia a pedalare contromano per via di Tor Bella Monaca. La bimba se ne va per la sua strada e passa metà del tempo a scrivere messaggi alle amiche. Il lupo arriva a casa della nonna e suona il campanello. La nonna chiede: «chi è?». Il lupo risponde: «Sono Cappuccetto, sono venuta a portare questi dolci da parte della mamma». La nonna gli dice di salire al quarto piano. Appena il lupo entra in casa si divora la nonna con un solo morso.
Poco dopo arriva cappuccetto rosso e trova il portone aperto. Così insospettita, raggiuge il quarto piano e qui trova il lupo, con la pancia ancora gonfia a causa del pasto appena fatto. Tuttavia non sembra ancora sazio, infatti, vuole mangiare anche cappuccetto rosso. Cappuccetto rosso chiede al Lupo dove sia finita sua nonna. Il lupo gli risponde che è uscita per andare a fare la spesa. Tuttavia il Lupo non ha notato un particolare: la nonna della bimba non poteva muoversi senza una sedia a rotelle, quindi non sarebbe mai riuscita a percorrere quattro rampe di scale da sola. Per di più anche se l’avesse accompagnata il Lupo fin sotto le scale, lei non sarebbe mai uscita perché è da sconsiderati uscire con il raffreddore in questo periodo, tutti avrebbero creduto che aveva il coronavirus.
Così cappuccetto rosso capisce l’inganno del lupo e gli offre qualche dolcetto per distrarlo. Nel frattempo chiama l’ambulanza che arriva e trova il lupo addormentato a causa del troppo cibo. Lo sedano e poi gli tagliano la pancia. Così la nonna riesce ad uscire, ma proprio mentre stava per ringraziarli starnutisce rumorosamente. Così i dottori la obbligano a sottoporsi al test per il COVID. Con la sorpresa di tutti risulta positiva, probabilmente era stata contagiata da una delle tante signore del suo palazzo che venivano a spettegolare con lei tutti i giorni. Così cappuccetto rosso e la nonna dovettero stare in quarantena, ma almeno erano sane e salve.